La “grammatica” dell'umano
"Il rapporto fra democrazia, libertà e verità "
 
da "Ritrovarci": anno XXX - numero 4 - settembre 2007

Don Alberto Franzini, parroco

La “grammatica” dell'umano

Il rapporto fra democrazia, libertà e verità

 

Appare sempre più sbiadita, nella pubblica opinione, quella che Benedetto XVI ha definito, nell'ultimo Messaggio per la Pace, la “grammatica”scritta nel cuore dell'uomo da Dio Creatore. Si tratta del “libretto di istruzioni” di gran lunga più importante: quello che riguarda la persona umana, ciascuno di noi, ogni figlio d'uomo in qualunque latitudine si trovi a vivere. Parlare di “valori non negoziabili” o di “norme del diritto naturale”, oggi, è diventato fuori moda. Nel clima relativistico in cui ci troviamo a vivere, la “natura umana” appare sempre più segnata da una incertezza di fondo circa la sua identità: che cosa significa essere “persone umane”? Quali sono i “fondamentali” dell'umano? Qual ‘è la “verità” dell'uomo? Rispondere a queste domande, secondo la cultura oggi dominante, è compito esclusivo della democrazia e della politica. E la democrazia si fonda – così oggi si crede – sui numeri: la maggioranza, secondo il metodo democratico, ha sempre ragione. Tocca dunque ai parlamenti, alla politica, allo Stato dare gli orientamenti di fondo sul vivere umano e decidere, di volta in volta, quale “verità” è più confacente alle necessità e agli interessi del momento. La democrazia, secondo la concezione corrente,, è l'unica garanzia che ci immunizza dal pericolo della dittatura e del totalitarismo.

Ma le cose stanno proprio così? E' proprio vero che la maggioranza è legittimata a decidere qualsiasi cosa? Oppure ci sono dei limiti – o meglio, dei valori – che vengono prima di qualsiasi maggioranza e su cui nessuna maggioranza può esercitare la sua “volontà di potenza”? Qualche esempio: la maggioranza (anche di un parlamento) può decidere di eliminare il reato di furto, dichiarando che il furto non è più un male, non è più un reato da punire? La maggioranza può decidere di legalizzare l'omicidio? Può decidere di eliminare i malati di mente o i portatori di handicap? Istintivamente, l'uomo comune dice di no, in nome di una verità che nessuno, nemmeno un parlamento, può annullare: perché la verità si impone da sola e di per sé! Ciò significa che la verità prevale sulla libertà e anche sui numeri. Per impedire che una maggioranza possa esercitare il potere in modo indiscriminato e mostruoso, si deve ammettere l'esistenza di valori che non si possono mettere ai voti, non possono essere affidati a nessun pallottoliere, non dipendono – e guai se dipendessero! – dal parere della maggioranza: sono “indisponibili”, come direbbe Benedetto XVI, e dunque “non negoziabili”, sono validi “a prescindere”, sono da riconoscere e da accogliere da tutti “senza se e senza ma”.

Le democrazie “classiche” erano nate in opposizione al potere costituito (in genere di tipo monarchico), dunque erano nate per una forte affermazione di libertà nei confronti di un potere che ne limitava o ne annullava l'esercizio, ma non certo in opposizione a un nucleo di verità e di principi etici, nati e consolidati nell'alveo di una tradizione anche religiosa. I fondatori delle odierne democrazie hanno potuto scrivere la Dichiarazione di Indipendenza e di Tutela dei Diritti Umani, proprio perché hanno riconosciuto una “verità sull'uomo” incontrovertibile e indiscutibile: una verità non arbitraria, ma fondata sulla legge naturale completata dalla legge rivelata; una verità che viene prima di ogni decisione e di ogni legge positiva.

Le democrazie post-moderne, invece, stanno slittando sempre più verso il discredito della verità. Per esaltare la libertà, finiscono per screditare la verità, denunciata sempre più come fattore di destabilizzazione sociale, e quindi nemica della democrazia. Ammettono sempre meno l'idea che possa esistere una verità e che questa verità possa prescindere dalla volontà della maggioranza. In tal modo, le democrazie stanno diventando sempre più il braccio secolare di quella “dittatura del relativismo” di cui parla Benedetto XVI. Quando Pio IX nel Sillabo condannava le democrazie liberali, è perché intuiva che esse, affrancandosi dall'autorità che proviene da Dio per affermare che “il potere appartiene al popolo”, in realtà preparavano una tragedia immane: l'uomo veniva affidato a un nuovo totalitarismo, fondato sulla volontà della maggioranza, ma di una maggioranza che faceva piazza pulita dei valori della tradizione, ossia delle verità umane fondamentali.

La verità, invece, è più forte della libertà, nel senso che ne è il fondamento imprescindibile. Diversamente, la libertà degenera a libertinismo oppure diventa facile preda della dittatura della maggioranza (o delle oligarchie forti). Dunque, è certamente un bene il sistema democratico: ma esso non può essere fondato solo sul consenso e sulla libertà mutevole delle maggioranze, bensì anche su un patrimonio di verità oggettive che sgorgano dalla legge naturale. Giovanni Paolo II ha scritto parole forti su questo tema: “Il valore della democrazia sta o cade con i valori che essa incarna e promuove: fondamentali e imprescindibili sono certamente la dignità di ogni persona umana, il rispetto dei suoi diritti intangibili e inalienabili, nonché l'assunzione del bene comune come fine e criterio regolativo della vita politica. Alla base di questi valori non possono esservi provvisorie e mutevoli maggioranze di opinione, ma solo il riconoscimento di una legge maorale obiettiva che, in quanto ‘legge naturale' iscritta nel cuore dell'uomo, è punto di riferimento normativo della stessa legge civile. Quando, per un tragico oscuramento della coscienza collettiva, lo scetticismo giungesse a porre in dubbio perfino i principi fondamentali della legge morale, lo stesso ordinamento democratico sarebbe scosso nelle sue fondamenta, riducendosi a un puro meccanismo di regolazione empirica dei diversi e contrapposti interessi” ( Evangelium vitae , n.70).

E siamo alle democrazie attuali, che negli ultimi decenni, in nome della laicità, fortemente caratterizzata dall'anticristianesimo, dall'anticattolicesimo e dall'odio verso la religione, hanno legalizzato l'aborto, stanno legalizzando o hanno già legalizzato l'eutanasia e il matrimonio fra persone dello stesso stesso, totalmente incuranti del rispetto della legge naturale scritta nel cuore dell'uomo. Erode non ha più il volto di Hitler e di Stalin, ma quello anonimo dei parlamenti e di coloro che detengono gli strumenti di comunicazione di massa, che esercitano un potere pseudodemocratico, orientando sempre più la mentalità e la coscienza collettiva non verso ciò che è vero e buono in sé, ma verso ciò che è utile o ciò che conviene ai “padroni del vapore”. Si iniettano in tal modo nella società e nel cuore delle persone dosi massiccie, silenziose e apparentemente indolori di totalitarismo, che, stravolgendo la verità delle cose, finisce anche e inevitabilmente per neutralizzare l'autentica libertà dell'uomo, che consiste nell'accoglienza e nel perseguimento tenace della verità.

Questo è precisamente lo scontro di civiltà che si sta profilando all'orizzonte del ventunesimo secolo: da un lato la Chiesa e tutti coloro che riconoscono la necessità di ancorare il metodo democratico ad una “grammatica” intangibile, ossia ad una verità sull'uomo, indisponibile ai poteri umani; dall'altro, le democrazie relativistiche e nichilistiche – guidate dal “modello” dell'Unione Europea – che diffondono la vulgata dello scetticismo (vedi le principali questioni di bioetica) e pretendono di essere loro stesse le uniche fonti della moralità pubblica e privata.

Oggi non ha vita facile chiunque si impegni a denunciare la radice malata della democrazia relativista e ad attivarsi per la sua riabilitazione. Ma l'impegno è diventato improcrastinabile.

 

Don Alberto

 


torna su