"Il Verbo Incarnato
Icona dell’invisibile"
 
da "Ritrovarci": anno XXIX - numero 4 - ottobre 2006

 

Il Verbo Incarnato
Icona dell’invisibile
Il Fascicolo n. 53 della parrocchia contiene due interventi. Il primo è di Papa Giovanni Paolo II. Si tratta di un discorso pronunciato l’8 aprile 1994, durante la messa a conclusione dei restauri della Cappella Sistina in Vaticano.Il secondo è del card. Schoenborn, arcivescovo di Vienna, tenuto al Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali che si è svolto a Rocca di Papa dal 31 maggio al 2 giugno 2006. Riportiamo l’introduzione del nostro parroco.

Sono due discorsi teologicamente ed esistenzialmente rilevanti, perché mostrano tutta la ricchezza dell’arte cristiana: la quale non è soltanto esibizione estetica, ma soprattutto rivelazione dell’invisibile Dio, esperienza di Dio nel nostro mondo attraverso il creato e soprattutto attraverso l’uomo, immagine e somiglianza di Dio.
La riflessione sulle sacre icone – che da sempre caratterizzano la storia cristiana - porta a comprendere la legittimità e la possibilità stessa di raffigurare in modo visibile Colui che é per es­senza Invisibile. Come é noto, a tale invisibilità di Dio rimangono fedeli gli ebrei e i musulmani. E anche durante i secoli dell'impero bizantino la Chiesa dovette fare i conti con l'iconoclasmo (la lotta contro le immagini) respinto solo con il II concilio di Nicea, dell'anno 787. La motivazione pro­fonda della legittimità delle immagini sacre sta nell'incarnazione del Verbo: dal momento che Dio si é fatto visibile in Cristo Gesù, é la carne stessa dell'uomo, e dunque l'intero creato di cui l'Adam é il vertice, ad essere stata resa capax Dei, capace di rappresentare il mistero stesso di Dio. Secondo la felice espressione di Paolo VI, se nella fede accogliamo che il Verbo si sia fatto carne, nell'arte è la carne stessa dell'uomo a diventare Verbo, e dunque rivelazione di Dio.
E da qui un secondo tema: la profonda dignità e bellezza del corpo umano, il suo essere luogo teologico, ossia luogo manifesta­tivo della bellezza stessa di Dio, luogo redento da Cristo e dunque chiamato alla trasfigurazione totale. C'è di che riflettere sulla sproporzione tra l'annuncio biblico sullo splendore del corpo umano e tante miopi e travisanti concezioni circolanti nella nostra pseudocultura occidentale, che fanno del corpo umano un oggetto circoscritto e circoscrivibile - dunque spazio limitato, preda di possesso e fonte di voracità - anziché il luogo rivelativo - e come tale ricco di molteplici simbolismi e carico di richiami - aperto al mistero stesso di Dio.


torna su