“PUER NATUS EST NOBIS”
A Natale, con Gesù, Verbo che si fa carne, nasce un nuovo e splendido umanesimo
da "Ritrovarci": anno XXVIII - numero 4 - dicembre 2005

Don Alberto

“PUER NATUS EST NOBIS”
A Natale, con Gesù, Verbo che si fa carne, nasce un nuovo e splendido umanesimo

“E’ nato per noi un Bambino, un figlio ci è stato donato: Egli avrà sulle spalle il dominio, Consigliere ammirabile sarà il suo nome”: così recita l’antifona di ingresso della messa del giorno di Natale, che riporta l’eco delle antiche profezie. Lo stupore rimane l’atteggiamento più vero per capire e per accogliere il Natale, il Natale cristiano, vien voglia di aggiungere di questi tempi. Perché il Natale o è il Natale di Gesù, oppure - meno ipocritamente - si decida di cambiargli nome: ma in questo caso meglio esser più radicali e toglierlo dal calendario delle feste pubbliche, lasciando ai cristiani l’opportunità e la bellezza di celebrarlo e lasciando all’Europa la triste libertà di suicidarsi culturalmente.
Nella società odierna il Natale cristiano offre il suo impareggiabile dono: è il dono di un Bambino che ha cambiato la storia del mondo, perché in Lui si specchia l’immagine stessa di Dio. Questo Figlio è “irradiazione della gloria di Dio e impronta della sua sostanza”, come dice la lettera agli Ebrei (1,3). In lui è sorta una vita unica e irrepetibile, quella di Gesù di Nazareth, le cui origini stanno nel mondo stesso di Dio, come dice il prologo del Vangelo di Giovanni (“Il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”).
Con Gesù, Verbo incarnato, nasce un messaggio che ha orientato e continua ad orientare milioni di persone e che non è passato di moda: forse mai come in questo tempo, che è alla ricerca affannosa e disperata di messaggi veri e di testimoni credibili, il Vangelo risulta carico di fascino e portatore della bella notizia che Dio, nella sua sapienza e bontà infinite, non ci ha lasciati soli nel nostro buio esistenziale, ma ci ha fatto visita, per essere per sempre l’Emmanuele, ossia il Dio-con-noi. L’umanità, a Natale, ritrova una paternità, quella di Dio, senza della quale vivrebbe un’orfanezza irrisolvibile e disperata. L’umanità ritrova un Maestro, il Signore Gesù, che non ha uguali, perché non solo ha detto la verità, ma si è autodefinito Lui stesso la Verità e per la Verità ha sacrificato la sua stessa vita. Gesù non ci imbroglia sulle questioni fondamentali del vivere, perché ci dice che non siamo figli del caso, bensì siamo figli di Dio; ci dice come dobbiamo vivere: nella verità, non nella menzogna; nella libertà, non nella schiavitù; seguendo la legge di Dio, non le mode gli uomini; ci dice che “la nostra patria è nei cieli” (Filippesi 3,20), e dunque l’uomo non termina la sua avventura esistenziale nel nulla di un sepolcro sigillato per sempre. L’umanità ritrova soprattutto un Salvatore e un Redentore di cui ha assoluto bisogno per rischiarare e portare a soluzione gli enigmi fondamentali della vita dell’uomo sulla terra, enigmi che né la scienza, né la tecnica, né la politica, né la finanza, né la medicina riusciranno mai a risolvere. L’uomo ha bisogno di Dio e solo Dio può colmare la fame e la sete profonde dell’uomo. Il Natale ci dona Dio nella forma umanissima e stupefacente di un Bambino “avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” (Luca 2,12). E ci invita ad adorare in ogni bambino in cui è stata accesa la vita umana la scintilla dell’amore creativo e redentivo di Dio.
Con Gesù, Verbo incarnato, l’umanità ritrova le sue radici e il suo stesso prototipo: ritrova la “natura umana” nella sua forma primigenia, quella “natura umana” oggi così spesso bistrattata, oltraggiata e ridicolizzata. Oggi si parla spesso di “diritti umani” da difendere e da proclamare: ma se non si ammette l’esistenza di una “natura umana” universalmente riconosciuta, nessun diritto umano è al sicuro. Nel Compendio del catechismo della Chiesa cattolica si legge al n. 416: “La legge naturale, iscritta dal Creatore nel cuore di ogni uomo, consiste in una partecipazione alla sapienza e alla bontà di Dio ed esprime il senso morale originario, che permette all’uomo di discernere, per mezzo della ragione, il bene e il male. Essa è universale e immutabile e pone la base dei doveri e dei diritti fondamentali della persona, nonché della comunità umana e della stessa legge civile”. Questa natura umana appare in tutto il suo splendore proprio in Gesù, Verbo incarnato. Con Lui nasce il vero umanesimo, che mette a nudo le falsificazioni di tanti altri umanesimi apparsi nella storia umana, i quali hanno oscurato la dignità dell’uomo proprio censurando Dio dall’orizzonte della sua coscienza e della sua vita storica. Solo Dio può essere la misura adeguata dell’uomo: ecco perché l’uomo non può essere del tutto saziato con ciò che non è Dio. Solo la Verità piena, solo la Bellezza vera, solo il Bene sommo possono costituire il traguardo della aspirazioni umane. Ecco perché il relativismo è indegno dell’uomo: perché gli tarpa le ali nel suo volo verso la Verità. Non ciò che è indubitabilmente vero, non ciò che è inestirpabilmente giusto, non ciò che è oggettivamente buono, ma ciò che appare utile, immediatamente piacevole e soggettivamente vantaggioso: questo è oggi il criterio dominante della “dittatura del relativismo”, che infetta la nostra società, ammalata di stanchezza, povera di speranza, carente di passione anche civile.
Con Gesù, Verbo incarnato, nasce la Chiesa, già adombrata dai pastori di Betlemme e dai magi dell’Oriente. La Chiesa, alla quale sono orientati tutti gli uomini, è la comunità di coloro che, grazie alla fede e al battesimo, fanno di Cristo la ragione e il senso della propria vita e lo testimoniano non solo nel sacrario della propria coscienza, ma nelle pieghe delle vicende storiche, sopportando anche derisioni e persecuzioni, come la storia anche del nostro tempo documenta. Da qualche tempo, in Europa e in Italia, alla Chiesa viene spesso rimproverato un potere di interferenza crescente nella vita pubblica. C’è da domandarsi se sia la Chiesa a parlare troppo o troppo chiaro, o se non siano le varie agenzie della società ad essere diventate afone e ambigue sui temi fondamentali del vivere. C’è anche da domandarsi se è la Chiesa a voler occupare lo spazio della politica o non sia piuttosto la politica che vorrebbe avocare a sé le grandi questioni dell’etica, che non appartengono allo Stato, bensì all’intera società civile di cui la Chiesa si sente ed è parte fondamentale. Basti ricordare al riguardo le limpide parole di papa Benedetto XVI al nostro Presidente della Camera, in occasione del terzo anniversario della storica visita di Giovanni Paolo al parlamento italiano: “La Chiesa in Italia e in ogni Paese, come pure nei diversi Consessi internazionali, non intende rivendicare per sé alcun privilegio, ma soltanto avere la possibilità di adempiere la propria missione nel rispetto della legittima laicità dello Stato”. E le parole del card. Ruini ai Vescovi italiani riuniti in assemblea ad Assisi qualche settimana fa. “L’impegno aperto e concreto a favore della persona umana non rappresenta a nostro avviso una violazione della laicità della nostra Repubblica, ma piuttosto un contributo offerto alla libertà di ciascuno, per il suo bene autentico. Una Chiesa che tacesse su questi temi, per salvaguardare i propri pur legittimi interessi istituzionali, non farebbe invero molto onore né a se stessa né all’Italia”.
A chi o a che cosa giova una cristianità spenta e impaurita, se non al potere di chi pretende essere l’unico e indisturbato manovratore? Mentre una Chiesa viva e testimoniante è una ricchezza per tutti: perfino per gli stessi manovratori della cosa pubblica, se hanno la coscienza di essere al servizio non di una fazione, ma dell’intera nazione.
Un fraterno augurio di un Natale cristiano a tutte le famiglie della parrocchia, soprattutto alle persone anziane, ammalate e in difficoltà. Insieme a don Guido e a don Davide.

Don Alberto


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