Per aprire con una nuova primavera dell'educazione
"Il "Maffei" tenta di chiudere…con la non educazione"
Nei primi di febbraio, mezzi di comunicazione nazionali (Corriere della Sera, Ansa, TG3, Televideo..) hanno ripreso la notizia diffusa a livello locale della chiusura per alcuni giorni "per ripetuti episodi di maleducazione" dell'Oratorio G. Maffei della nostra parrocchia. Il provvedimento, preso dal parroco don Alberto e dal vicario don Davide, è confluito in un incontro con il personale che cura la gestione del locale del bar. In questo incontro è stata presa la decisione, limitata al periodo quaresimale di una "apertura ragionata" del locale pur continuando, e intensificando, la proposta delle attività strutturate della catechesi, degli allenamenti e dei vari laboratori.
da "Ritrovarci": anno XXVIII - numero 1 - marzo 2005

di Don Davide Barili

Una tradizione
L'Oratorio parrocchiale "Giacomo Maffei" vanta una ricca tradizione di valenti vicari, che vi hanno prestato il loro servizio sacerdotale, e di giovani, oggi magari, sposi o nonni, che ne hanno frequentato gli ambienti. E' la stessa esperienza di tutti gli oratori della lombardia, quella del cortile per il gioco e delle aule della catechesi e che negli anni si è arricchita tante iniziative: cinema parrocchiali, associazioni polisportive, gruppi culturali…
Ma l'Oratorio è un ambiente vivo, un ambiente che respira l'aria del territorio nel quale la parrocchia stessa è collocata. E dall'ambiente riceve stimoli, provocazioni, domande cui non sempre è immediato rispondere. L'Oratorio nasce per l'educazione umana e cristiana dei ragazzi. Chi lo fa nascere è l'intuizione di un singolo, come don Bosco; chi lo porta avanti è una comunità, la famiglia Salesiana, il gruppo educatori, la famiglia di famiglie che è la parrocchia.

Molto è cambiato attorno a noi
Tuttavia, se gli ideali restano tali, il contesto cambia. E oggi sempre più velocemente di ieri.
Oggi la comunità cristiana locale spesso latita: a fronte del moltiplicarsi delle proposte, dei sussidi, delle riunioni e delle commissioni, la comunità non risponde più con la coesione di popolo di cui raccontano, ancora, gli anziani. E' cambiato, infatti, il modo di vivere (i ritmi giornalieri della famiglia sono più frenetici e disomogenei) e la mentalità è intaccata dal laicismo e dalla cristianizzazione.
E' cambiato anche l'Oratorio che non può più vivere senza la presenza della famiglie. Se prima per i genitori mandare il figlio all'Oratorio era garanzia di saperlo accudito e al sicuro, oggi non è più così. Prima esisteva un controllo sociale per cui qualunque adulto si sentiva autorizzato ad intervenire sul comportamento scorretto di qualsiasi minore. Prima l'intervento del prete su un ragazzo era, comunque, accettato: oggi rischia la denuncia. Ma le famiglie sembrano non avvertire più l'importanza di un supporto esterno per l'educazione cristiana; e, comunque, avendo il tempo materiale per offrire una presenza educativa stabile, spesso vivono di deleghe: ai nonni, alle associazioni, ai doposcuola. Anche i giovani, ieri vero perno della comunità educante, oggi, sembrano avere meno tempo e, forse anche meno carica ideale, tanto da non poter più offrire una presenza quotidiana, ma un collaborazione, preziosissima questa, per iniziative programmate.

Questioni locali
A tutto questo si aggiunge una situazione sociale tutta casalasca.
Nella nostra bella cittadina, infatti, il confluire di moltissimi immigrati ha ormai mutato il contesto sociale.
Chi viene da fuori, in genere, appartiene a famiglie che non hanno conosciuto l'esperienza oratoriana: ad esse il nostro ambiente si presenta innanzitutto nel suo aspetto ricreativo e socializzante e, anche per la disaffezione della comunità di cui sopra, a fatica riescono ad intuire il progetto educativo soggiacente.
L'integrazione procede, complessivamente e non solo negli ambienti parrocchiali, a strappi : la politica urbanistica-abitativa, l'inserimento scolastico sin dalla materna, la frequentazione nei centri di ritrovo, infatti, rivelano un disagio e segnalano l'emergenza dovuta ad un non ancora chiaro indirizzo nell'affrontare la questione.
L'Oratorio feriale aveva conosciuto ultimamente una impennata nelle frequenze e ma, anche, nella difficoltà di gestione delle stesse. Ormai le figure del prete e della barista, questi, sostanzialmente, gli educatori presenti con regolarità, non bastano anche a causa di una distribuzione vasta ma disorganica degli spazi oratoriani. Comportamenti scorretti non possono essere sempre giustificati e accolti con comprensione adducendo la situazione familiare o l'estrazione sociale: occorre anche riconoscere una responsabilità personale dei ragazzi i quali, così, ritornano ed essere protagonisti della propria crescita.
Come in ogni cittadina di medie dimensioni, ai fini del nostro discorso, è da rilevare, inoltre, la presenza, comunque benedetta, di una molteplicità di offerte per il tempo libero dei ragazzi. Scuola, società sportive, associazioni culturali presentano proposte allettanti, ben strutturate che, tuttavia, inevitabilmente occupano spazi che non sono più disponibili per l'oratorio. L'oratorio, per intenderci, può educare anche senza aver tutte queste attività, in un oratorio può, ad esempio, anche non esserci lo sport senza che venga sminuita la sua proposta educativa. Certo che, senza sport, l'oratorio ha uno strumento in meno per aggregare ed educare i ragazzi.
Sempre più appare chiaro che la vera "arma", la sola probabilmente, è quella di una proposta educativa chiara, dalla precisa identità: quella cristiana. Nel nostro contesto, cioè, sarà cioè la famiglia stessa a scegliere i "poveri e magari più costosi mezzi dell'oratorio" a fronte delle lusinghe di altri enti perché nell'oratorio troverà ciò che in altri ambienti, per ovvie ragioni, non troverà mai: una proposta esplicitamente cristiana.

E in questa Quaresima il Maffei è cambiato
In fondo, martedì 8 febbraio, nonostante le insinuazioni dell'articolista de "il Corriere" della domenica successiva, non è accaduto nulla di particolarmente grave, tanto da prevedere la chiusura dell'oratorio.
Si è verificato, nel bar dell'oratori, l'ennesimo episodio scorretto e di scarso rispetto nei confronti di un ambiente che non vuole rinunciare ai propri ideali di servizio educativo.
Episodi che hanno confermato l'esistenza di un clima non appropriato per un luogo che, pur con le sue carenze strutturali, aspira alla decorosa accoglienza verso tutti: piccoli e grandi, adolescenti e famiglie, "indigeni" e immigrati, praticanti e non.
Episodi che, per il resto delle proposte, hanno reso un peso, anziché un momento di proficua relazione, l'attività informale di accoglienza nel bar .
E allora la decisione è stata di chiudere per la Quaresima proprio questa proposta di accoglienza che ha nella stagione invernale il suo luogo identificativo nel bar. Con questa decisione si rinuncia temporaneamente ad una grossa fetta della tradizione oratoriana: la popolarità, la scommessa di essere aperti sulla strada a tutti pronti ad allacciare relazioni con chi entra perché l'oratorio non diventi aperto a tutto. Ma se nel bar non ci sono più persone sufficienti per intrecciare il dialogo educativo, l'oratorio diventa più pericoloso di una strada perché per la strada, almeno ogni tanto, qualcuno passa e vede. Nel cortile, invece… il rischio c'è.
Il Maffei è rimasto attivo, invece, su tutto il fronte della proposta strutturata che, naturalmente, ha acquistato molta più visibilità.

Prime impressioni
Nella Quaresima il prete, in oratorio è sicuramente più occupato ma più disteso. Più occupato perché tutte le varie attività, per un verso o per l'altro passano attraverso di lui che, tra l'altro si è messo a fare gli allenamenti di calcio con i ragazzi. Più disteso perché si è accorto di quante energie nervose assorbe la gestione di un bar aperto sulla strada: entra chiunque, non sai mai cosa possa capitare, occorre una presenza costante pur avendo anche altre sollecitazioni che richiamano la sua presenza altrove. L'ambiente è sicuramente più vivibile da chi lo frequenta per una determinata attività e, complessivamente, è disponibile per essere ripopolato da figure che prima ne erano escluse.
Certamente, però, la sospensione della proposta dell'aggregazione informale hanno lasciato un vuoto: un vuoto nei ragazzi, sinceramente perplessi nella consapevolezza di dover ricomprendere un ambiente che era ormai loro; un vuoto nel prete, che nell'oratorio ha scoperto la propria vocazione, un vuoto nel personale del bar che solo lo spirito di servizio gratuito e la condivisione degli ideali ha trattenuto al proprio posto anche nei momenti più difficili.

Nodi che restano e il futuro immaginabile
Resta, in città, un problema sociale, di integrazione e di carenza di proposta educativa, di cui nessuno, neppure l'oratorio, può disinteressarsi. La questione, se spinta fuori dalla porta, infatti, tornerebbe, comunque, a farsi viva, esaltata nella sua complessità, a medio termine perché chiunque viva in un territorio, nessuno escluso, ne riceve gli influssi e i riflessi. La questione educativa è irrinunciabile e va affrontata!
Si potrebbe pensare ad un oratorio come un circolo privato, con tanto di tessere; si potrebbe pensare ad una specie di patente a punti a scalare fino all'esaurimento e alla espulsione; si potrebbe pensare ad un albo degli "indesiderati"… tante, a dire, il vero le proposte.
Ma per la verità più che chiudere un oratorio o aprirlo, la questione è un'altra: chiuderla una volta per tutte con la pseudo o non-educazione e di aprire, finalmente, con una nuova primavera dell'impegno educativo

Don Davide


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