I DUE FRONTI DELL'ORATORIO
Tra assistenzialismo sociale e laboratorio educativo
da "Ritrovarci": anno XXVI - numero 3 - maggio 2003

 

Il mese di maggio per il nostro oratorio è un concentrato di attività e riflessioni. Da un lato la conclusione dell'anno catechistico con la celebrazione delle prime confessioni e delle prime comunioni e l'incontro conclusivo con i catechisti nel quale si fa la revisione e si pongono le basi per il futuro. Dall'altro il pensiero all'estate liberando i ragazzi dagli impegni scolastici consegna loro tanto tempo da investire nelle attività dell'oratorio. Il tutto inserito nelle proposte liturgiche e parrocchiali del mese di maggio, della benedizione delle case e della festa della famiglia ormai alle porte.
In mezzo a tutto questo ci sta una riflessione sullo stato di saluto del nostro oratorio notando come gli sforzi si polarizzino sempre più su due fronti non sempre ben armonizzati.
Il primo fronte è quello dell'impegno liturgico e formativo: sono gli incontri di catechesi, i gruppi strutturati in un cammino di crescita, la proposta dalla preghiera e del cammino spirituale. L'adesione è totale per quanto riguarda il catechismo dell'iniziazione cristiana (confessione, comunione e cresima) mentre cala drasticamente in riferimento alla presenza alla S. Messa domenicale. Nel dopo cresima assistiamo in genere ad un abbandono cui sopravvive il gruppo giovanissimi attuale che percentualmente è insignificante per non parlare del gruppo dei giovani che è ridotto ai minimi termini. Precisiamo subito che Nostro Signore non ha mai fatto problemi di numeri. Anche se i numeri sono pur sempre un elemento delle riflessione.
Il secondo fronte è quello dell'aggregazione informale: il locale del bar, il cortile, la piazzetta, il ragazzo che entra in oratorio e viene accostato per un "come va" generico. Una appartenenza non strutturata, non vincolante, legata alle norme della buona educazione. E' un fronte che ultimamente richiede molte energie e grande attenzione a causa delle ormai serie tensioni sociali presenti nella nostra cittadina nella quale l'integrazione degli immigrati non sta avvenendo in modo del tutto naturale e in cui il tessuto delle relazioni umane un tempo garantito dalla famiglia appare sempre più disgregato.
I due fronti non sono ben armonizzati e assistiamo a giovani che frequentano quotidianamente gli ambienti aggregativi dell'Oratorio ma non sono minimamente interessati ad un percorso formativo o liturgico. D'altra parte il gruppetto che frequenta la S. Messa e la catechesi non è solito passare dall'oratorio in momenti non organizzati e strutturati. Spesso poi un fronte "sottrae" tempo e risorse a discapito dell'altro.
Bisognerebbe riuscire a "tenere" su entrambe i fronti.
Ma quando questo possibile viene spontaneo domandarsi se non debbano esistere delle priorità. Entrambe le proposte, se messe in atto, devono essere "fatte bene" altrimenti ne va del loro valore educativo, altrimenti l'oratorio non educa più.
"Tagliare" sul fronte dell'aggregazione spontanea significa precludere l'Oratorio a tanti ragazzi che "hanno bisogno di una buona parola che altrove dubitiamo possano sentire" e verremmo meno al compito che tanti oggi affidano all'oratorio anche se l'ambiente verrebbe riqualificato "verso l'alto"
Investire tutto sull'aggregazione vuol dire sottolineare il ruolo sociale dell'Oratorio, istanza che storicamente la Chiesa tante volte si è assunta come impegno di carità ma anche di supplenza davanti alle lacune delle istituzioni civili.
Lasciando all'estate la riflessione su un nodo tanto importante ne ricaviamo un insegnamento. L'oratorio deve essere pronto talvolta anche a rinunciare a qualcosa delle sue attività anche "storiche" se si accorgesse che queste non portano nulla a livello educativo. Perché: o l'Oratorio educa o l'Oratorio non svolge alcun servizio all'uomo, alla parrocchia e sui tempi lunghi nemmeno alla società civile.




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