La libertà frutto di sacrifici
Il testo dell'omelia di don Alberto in occasione della messa del 25 aprile, nella chiesa di San Francesco, alla presenza del popolo e delle autorità cittadine
da "Ritrovarci": anno XXVI - numero 3 - maggio 2003

don Alberto Franzini

Nel contesto dell'ottava di Pasqua, in cui si prolunga la celebrazione del Cristo crocifisso e risorto, celebriamo anche, da cristiani, una data significativa della nostra storia nazionale: la festa della Liberazione. Questa ricorrenza ci riporta al 25 aprile del 1945, che segnò la fine di una triplice guerra: una guerra di indipendenza nazionale nei confronti di chi occupava anche militarmente il nostro territorio nazionale; una guerra di liberazione da un regime che aveva soffocato le principali libertà civili e personali; una guerra civile fra gli italiani con ideologie diverse e anche contrapposte, guerra che - come in questi anni le ricerche storiche mettono in luce - aveva causato non pochi episodi di violenza.
Qui vogliamo ricordare la ricorrenza soprattutto nella preghiera per le vittime e nella preghiera per il futuro dell'intero popolo italiano.
La preghiera per le vittime è doverosa, perché le vittime ci ricordano che la libertà può avere un prezzo anche molto alto; ci ricordano che la pace non può essere mantenuta a lungo senza la giustizia e la libertà, ossia senza il rispetto dei fondamentali diritti della persona umana; ci ricordano che la libertà, di cui l'Italia ha potuto godere in questi ultimi quasi 60 anni della sua storia, è anche il frutto del loro sacrificio: il sacrificio dei tanti italiani e anche dei tanti non italiani che hanno combattuto contro le dittature e i totalitarismi che avevano causato vittime, drammi e macerie nell'Europa di quei decenni.
Le vittime ci ricordano che anche il Signore Gesù ha salvato il mondo non a parole, ma versando il proprio sangue. E dunque vogliamo associare le vittime di quella guerra - la seconda guerra mondiale - e le vittime di tutte le guerre e di tutte le violenze al sacrificio di Gesù sulla croce, di cui facciamo memoria sacramentale in ogni eucaristia.
La nostra preghiera oggi è anche per tutto il popolo italiano, perché - nel contesto del mondo intero - sappia percorrere sentieri anche difficili e impegnativi, affinché non siano mai soffocati i quattro pilastri della pace, di cui scrisse papa Giovanni XXIII nell'enciclica Pacem in terris, quarant'anni fa: la verità, la giustizia, la carità e la libertà. Non può esistere pace sociale e pace fra le nazioni senza la contemporanea presenza di questi quattro pilastri, che stanno o cadono insieme.
Vogliamo pregare perché tutti gli italiani, anche alla luce degli avvenimenti più significativi della nostra storia nazionale, ritrovino le ragioni di una convivenza civile che sia degna del nostro popolo.
Vogliamo pregare perché le giovani generazioni siano educate anche al valore del sacrificio - oggi esaltato solo per finalità effimere - per poter mantenere e arricchire anche nel presente e nel futuro quella libertà per la quale soffrirono e morirono i nostri padri e i nostri nonni.
Vogliamo pregare perché nella vita sociale tutti abbiano un lavoro e una professione, e perché ciascuno venga riconosciuto nella sua dignità di persona umana.
Vogliamo pregare perché nella vita pubblica non solo vengano rispettati e fatti rispettare i diritti, ma siano anche vissuti e fatti vivere i doveri di ciascuno di noi. La ricorrenza odierna ci ricorda che una società che dimenticasse i doveri e le responsabilità, ad ogni livello, non può avere una vita lunga.
Vogliamo pregare perché anche la vita politica si sviluppi secondo le istanze di ogni autentica democrazia, senza accuse selettive, senza manipolazione delle informazioni, senza il discredito gettato sistematicamente su chi la pensa in modo diverso, affinché le legittime e necessarie diversità possano sempre costituire una ricchezza per la vita del nostro popolo, e non si trasformino mai in astiosità e in delegittimazioni reciproche, dannose per una matura convivenza sociale e civile.
La memoria dei caduti ci insegni a tenere alta la misura della nostra vita e ci educhi all'assunzione delle nostre responsabilità personali, familiari, professionali, ecclesiali e civili, anche a caro prezzo. Chiunque deve sapere, nel campo del lavoro, delle imprese e del commercio, nel campo della cultura e della salute, nel campo della vita sociale e della pubblica amministrazione, che può costare un prezzo alto l'esercizio delle proprie responsabilità. Ma la vita umana ha valore proprio per essere vissuta e spesa per imprese nobili e alte.
Per chi tra noi si riconosce ancora cristiano, la memoria dei caduti ci apra a contemplare il Figlio di Dio, crocifisso sul Golgota, che ha versato il suo sangue per la salvezza di tutti gli uomini e di tutti i popoli, e che è risorto a vita nuova: quella vita nuova che è stata deposta in tutti noi attraverso i sacramenti pasquali del battesimo e dell'eucaristia.




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