Ai membri del Consiglio Pastorale Parrocchiale
(seduta del 10.02.03)
Proposta per una presenza significativa
dei cristiani sul territorio

Un contributo alla libera discussione
da "Ritrovarci": anno XXVI - numero 3 - maggio 2003

Don Alberto

1. Viviamo in un contesto culturale e sociale segnato da frammentazioni da una parte e da omologazione dall'altra. Le frammentazioni conducono ad un pluralismo indifferenziato, tendenzialmente scettico, se non addirittura nichilistico. Questo pluralismo magmatico rivela un'antropologia fortemente riduttiva, incapace di offrire una qualsiasi prospettiva di senso, incapace di dare risposte esistenzialmente convincenti ai veri bisogni e alle vere attese della gente sui grandi temi della vita e della morte, della gioia e del dolore, dell'amore e della affettività, della famiglia e della economia. L'omologazione, al contrario, consiste nell'appiattimento delle identità e delle legittime differenze culturali. Entrambi i fenomeni conducono al relativismo in campo etico e soprattutto alla rinuncia al compito educativo. Da qui la constatazione di una pesante destrutturazione della coscienza nelle persone adulte e una devastazione esistenziale negli adolescenti e nei giovani, che sono i più esposti al rischio di una crisi profonda e destabilizzante, destinata a ripercuotersi in tutti gli ambiti della loro esistenza, perché resi incapaci di scelte definitive e stabili e di impegni appassionanti.

2. La comunità cristiana non può assistere a tali fenomeni, semplicemente condannandoli o rinchiudendosi nelle attività di culto e di carità assistenziale. Di fronte al pluralismo indifferenziato e alla cultura dell'omologazione, i cristiani corrono il pericolo di cadere nello svigorimento della propria fede, nella annacquatura della proposta evangelica dentro il pensiero dominante, spacciato per sostanzialmente buono proprio in quanto dominante: e siamo al "buonismo", oggi così diffuso, dove bene e male si perdono in tutto indistinto, generico e avalutativo. La fede diventa totalmente strumentale ai progetti sociali e culturali della maggioranza, dalla quale si ha il timore di distinguersi. La testimonianza cristiana perde in tal modo il suo carattere di bellezza e di fascino, perché assume o l'andatura della subordinazione alla cultura dominante o dell'affanno volontaristico che esplica nella prassi sociale.
C'è bisogno di manifestare tutta la carica positiva del messaggio cristiano, assumendo la provocazione che tali fenomeni suscitano e in qualche modo "pilotandola", ossia partorendo una modalità di presenza che punti sulla testimonianza: ma la testimonianza, oggi, significa anche offerta seria di motivazioni, di interventi, di presenza nel campo educativo, amministrativo, politico (nel senso ampio del termine), sociale, professionale: una testimonianza che ha bisogno di una solida antropologia, quella che ci deriva dalla rivelazione biblica e dalla tradizione dei testimoni. Diversamente la Chiesa diventa solo una specie di "ambulanza" per i casi disperati, o di "Croce rossa" per le vittime delle insipienze sociali dei nostri tempi.

3. Da qui una "rivisitazione" dei grandi capitoli della dottrina morale e sociale della Chiesa, per illuminare tutte le realtà ed esperienze umane, e non qualche brandello o qualche settore soltanto: dal rispetto della vita umana fin dal concepimento, al diritto del nascituro ad avere veri e propri genitori; dalla famiglia fondata sul matrimonio ad una articolazione della società secondo i principi di solidarietà-sussidiarietà; dal diritto nativo dei genitori ad educare i propri figli alla effettiva libertà scolastica, rispettosa del pluralismo culturale ed educativo e quindi della originalità e identità dei vari soggetti presenti nella società; dalla condanna di ogni forma di monopolio culturale e di ogni soffocante statalismo alla presa di distanza da una concezione neoliberista, ecc.

4. Sorge, allora, la necessità di una presenza della comunità cristiana sul territorio: una presenza che, dentro al solco della nostra tradizione cristiana (fatta di gesti sacramentali, quali la messa, i battesimi, i funerali, le prime comunioni, le cresime, il catechismo ai ragazzi, le principali feste liturgiche e patronali...: il che richiama ancora un numero consistente di persone), assuma anche una valenza culturale di "illuminazione", ossia un'offerta, non arrogante ma precisa e seria, di valutazioni e di proposte che abbiano il respiro della Verità che ci è stata donata, che, sola, può liberare dall'angoscia e dalla paura del domani.
A questo scopo la parrocchia ha bisogno di persone, cristianamente ispirate, dotate di autentico spirito ecclesiale e di competenza culturale, che, confrontandosi e dialogando con assiduità e con passione fraterna, abbiano il coraggio di farsi presenti sul nostro territorio: sia per proporre qualche iniziativa culturale significativa, sia per un giudizio cristiano su fatti e avvenimenti che succedono, da far conoscere alla pubblica opinione attraverso la stampa locale e gli altri mezzi della comunicazione sociale. Offrire un contributo del genere è, oltre che un servizio alla verità e quindi alla persona umana che "non vive di solo pane", anche un diritto e un dovere che appartiene ad ogni autentica democrazia, che può vivere e crescere solo se rifiuta ogni tipo di monopolio ideologico e culturale.




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