OLTRE IL REFERENDUM


Un grazie fraterno, cordiale, appassionato a tutti coloro che si sono impegnati nel Comitato "Scienza&Vita", locale e nazionale, per contrastare i quesiti referendari, ritenuti gravemente peggiorativi della attuale legge 40. Un grazie all'intera redazione di Avvenire e all'inserto E' vita, per i contenuti altamente culturali e per i toni squisitamente civili con cui ha appoggiato la campagna astensionista di "Scienza&Vita". Un grazie ai nostri Vescovi italiani, che hanno avuto il sacrosanto coraggio di "non tacere" e di averci ricordato l'importanza della ragione e della realtà, ricchi di solidi messaggi da comunicare, quando non diventano preda delle ideologie e degli interessi commerciali. Un grazie anche al Foglio, da tempo schierato in una battaglia culturale che non ha precedenti a favore dell'antirelativismo. Un grazie ad Oriana Fallaci, che, con il suo stile e i suoi toni, ha riportato al centro dell'attenzione la dignità e la grandezza dell'embrione. Un grazie a quei politici, amministratori e sindacalisti (nazionali e locali) che hanno ascoltato la voce della coscienza, della ragione e della scienza, anche prendendo le distanze dalle rispettive e abituali appartenenze partitiche e sociali.
Non ha vinto l'"astensionismo clericale", come ripeteva - con un armamentario linguistico e concettuale decisamente vecchio e carico di velenosa ironia - Eugenio Scalfari domenica scorsa su Repubblica, ma hanno vinto la ragione, la cultura antirelativista, un'antropologia "forte", profondamente radicata nel nostro popolo, che ha respinto con sdegno motivato la deriva zapateriana, il nichilismo privo di orizzonti etici e di un legame con la nostra tradizione umanistica e cristiana. E' il nostro popolo che di fronte alla grande e semplice questione: l'embrione è qualcosa o è qualcuno?, ha scelto con saggezza. Ha capito che la vita umana è cosa grande fin dal concepimento e che su queste questioni non vale alcuna ipoteca politica, non premiano le prediche radicali, fanno orrore i ragionamenti freddi dello scientismo. Il popolo italiano, a stragrande maggioranza, ha fiutato che il "pensiero debole" - seminato a piene mani dai salotti cosiddetti culturali del nostro Paese - non è in grado di dare risposte esistenzialmente convincenti ai grandi temi del vivere.
E' stata sconfitta la pretesa di alcuni partiti e di alcuni personaggi della classe politica di dettare legge anche nel campo dell'etica. E' stato sconfitto lo scientismo, ossia la pretesa di alcuni esponenti del mondo scientifico di manipolare la vita a piacimento, magari per compiacenza verso lobbies tutt'altro che aliene da ingenti interessi commerciali. E' stata sconfitta l'eugenetica, che nel secolo scorso aveva tentato di affidare allo Stato il compito di selezionare la "razza pura" e oggi vorrebbe affidare all'individuo e alla coppia la tremenda e drammatica libertà di selezionare i figli a piacimento. E' stato sconfitto - come ha egregiamente scritto il direttore di Avvenire domenica scorsa - un certo giornalismo "complice del potere culturale più forte". Mai i "poteri forti" - che hanno sedotto i più diffusi quotidiani italiani spudoratamente partigiani verso i promotori del referendum e hanno mobilitato tutto l'enorme apparato politico-propagandistico che conta - si sono rivelati così "deboli" e così lontani dal Paese reale.
La Chiesa? Ha vissuto una bella stagione, insieme a tanti laici, spesso intellettualmente più attrezzati e più aperti alla realtà e alla verità di qualche intellettuale e politico "cattolico". Il popolo cattolico, nella sua stragrande maggioranza, quello che non ha vergogna a definirsi "infante" perché rifiuta di sentirsi adulto davanti alle grande scelte e ai grandi valori del vivere (in termini evangelici: quello che si sente "discepolo" dell'unico maestro che conta), ha ritrovato su questi temi una solidale e convinta unità e una rinnovata passione culturale, che non va dispersa. Spiace che una sparuta minoranza, all'interno del mondo cattolico, abbia avvertito ancora una volta il fastidio di appartenere alla Chiesa. E così, anziché fidarsi cordialmente dei propri pastori (che in questo caso ci hanno richiamato alla ragione ed hanno assunto e consigliato fin dall'inizio, ancor prima che si muovessero i partiti, un chiaro orientamento: altro che "autoritarismo umiliante", è un fatto di "accompagnamento fraterno", di vero e proprio "illuminismo cristiano"), spiace che abbia preferito lasciarsi sedurre da altre sirene e dare ascolto ad altri pulpiti, ritenuti più lusinghieri sul piano delle rendite politiche.
Se la battaglia è stata vinta, il confronto durerà ancora a lungo, perché la "questione antropologica" è centrale nella situazione odierna. Essa richiede ai cattolici di "non gettare le armi" e a quei laici che coltivano la ragione e non abdicano alla difesa dei valori umanistici - il "dissenso laico", come è stato chiamato in questi giorni - di continuare l'impegno egregiamente iniziato. Si tratta di non lasciare che la cultura sia impoverita da strumentalizzazioni ideologiche. L'immenso magistero di Giovanni Paolo II, la preparazione culturale di Benedetto XVI, i tanti cattolici e i tanti laici dotati di notevoli talenti culturali costituiscono un patrimonio prezioso a cui attingere per affrontare le sfide del presente e del futuro. La tutela della vita e della famiglia è cosa di tutti, soprattutto delle forze vive della società: non va lasciata alle segreterie dei partiti, ai salotti finanziari e culturali, alle cupole giornalistiche. Che il popolo, quello vero, torni ad essere protagonista e sia messo in condizione di capire e di decidere: questa sì che è democrazia reale. Si apre una nuova stagione per l'Italia? Lo speriamo, in tanti.

16 giugno 2005

don Alberto Franzini


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