Strage in Asia Ma Dio dov’č?
Intervento di don Alberto Franzini sulla catastrofe che ha colpito il sud est Asiatico il 26 dicembre 2004 e apparso su La Cronaca del 30 dicembre 2004

di don Alberto Franzini - Fra le tante riflessioni apparse in questi giorni sui giornali o esposte nei dibattiti televisivi circa la catastrofe che ha colpito il Sud Est asiatico, mi sembra che la lettera del Presidente emerito sen. Francesco Cossiga - sul Corriere della Sera del 28 dicembre - sia fra le più acute e appropriate. Cossiga va al nocciolo della questione: di fronte a catastrofi simili, la tradizione ebraico-cristiana ripropone la responsabilità immane del genere umano circa la “ribellione originaria” a Dio - è il “peccato originale” - che ha trascinato con sé anche l’intera creazione, anch’essa posta nella caducità e nel gemito, come ci ricorda San Paolo nella lettera ai Romani. Questa ribellione originaria - originaria non solo perché avvenuta alle origini dell’umanità, ma soprattutto perché sta misteriosamente nel codice fondamentale di ciascuno di noi, che ci incaponiamo a non voler riconoscere la nostra dipendenza da Dio - ha avuto bisogno, per rimettere l’uomo nel pieno rapporto con Dio, della morte del grande Innocente della storia, che è Gesù Cristo, messo in croce dai nostri innumerevoli peccati. Molti in questi giorni hanno riproposto la grande domanda: ma Dio dov’è? Se abbiamo la pazienza di cercare e soprattutto di accogliere la risposta di Dio di fronte al male presente nel mondo, scopriremo che il Dio nel quale crediamo come cristiani ci è venuto incontro entrando fino in fondo nel nostro male e nel nostro buio, Lui che è il Bene e la Luce. Non ha cancellato il male e la morte dalla nostra condizione umana: vi è entrato dentro, morendo sulla croce, per riscattarla dalla tragedia e dal non senso. Per noi cristiani, catastrofi di questo genere - che richiamano altre catastrofi bibliche (il “diluvio universale”, la “strage degli innocenti”...), altre catastrofi storiche (i 50 milioni di aborti all’anno, i quasi 80 milioni delle due guerre mondiali...) e che sono la amplificazione quantitativa, oggi resa ancor più emotivamente presente ai nostri occhi dagli strumenti mediatici, della “catastrofe quotidiana” rappresentata dalla morte “naturale” di tante persone negli ospedali e nelle nostre case - rendono ancor più necessaria la nostra richiesta a Dio di ravvedimento, di conversione, di perdono e di misericordia, affinché non abbiamo più a subire, come afferma Cossiga, la tentazione di ritenere che il peccato sia in fondo meno grave di una catastrofe e della morte stessa. Di questo abbiamo bisogno, se vogliamo vivere fino in fondo la solidarietà con le popolazione colpite come ogni altra forma di solidarietà: di recuperare una sapienza di vita che ci può venire solo riconsiderando e riaccogliendo con gratitudine l’abbraccio della misericordia di Dio verso l’intera umanità, un abbraccio che si è fatto visibile nella vita, nella morte e nella risurrezione del Figlio in croce, un abbraccio infinitamente più grande della tenaglia della morte, un abbraccio infinitamente più grande di quell’onda mortifera che ha risucchiato tante vite nei mari asiatici.
Don Alberto Franzini