Da "Ritrovarci": L'ignoto genera paura, il mistero genera stupore (Nov. 1999)
di don Alberto Franzini

Lo slogan - se così si può dire - dell'ultimo meeting di Rimini tocca così in profondità il senso dell'esistenza umana che esso va ripreso e meditato, in questo novembre tradizionalmente dedicato non solo alla memoria dei nostri morti, ma alla stessa memoria mortis, alla memoria della nostra morte personale, con la quale - più di ogni altra faccenda - dobbiamo pure fare i conti nel corso dei nostri giorni terreni. Il tempo che scorre, infatti, non può essere vissuto come una tragica e ineluttabile corsa verso il nulla, ma va in qualche modo capito e affrontato e soprattutto speso secondo una ricerca di pienezza e una logica di senso.

Mi faccio aiutare, in questo tema, da quel grande uomo e cristiano del nostro Novecento, scomparso alcuni mesi fa, l'accademico di Francia Jean Guitton, che ha fatto della meditazione sul tempo e sulla morte uno dei cardini del suo pensiero filosofico e della sua riflessione cristiana. In un suo celebre colloquio con il presidente della Francia, Francois Mitterand, che gli domandava che cosa c'è dopo la morte, Guitton affermava che il problema della nostra vita è posto di fronte a due soluzioni possibili: l'assurdo e il mistero. "Io vorrei interrogarvi sulla morte - disse il presidente al filosofo -, ma non sulla morte in se stessa, bensì su ciò che c'è dopo la morte". E continuava Mitterrand: "Non c'é niente da fare, io non posso credere alla religione. Per me, tutto è assurdo. Tutta la realtà e tutto ciò che io posso sentire e sperimentare me lo provano. E poi, Dio non esiste!".

"Dio non esiste"! Anche il presidente Mitterand, apparentemente così sicuro nel dare per scontata questa affermazione sulla non esistenza di Dio, negli ultimi mesi della sua vita andò a toccare le reliquie della santa suor Teresa del Bambin Gesù: superstizione? pietà? paura? o ultima speranza? Solo Dio lo sa. Dal suo Carmelo, la piccola Teresa ha avuto la folle intuizione di questo Amore che ci attende al di là della morte, al di là dell'assurdo. Quella folle intuizione ha attirato anche il presidente Mitterand e forse gli ha illuminato il cuore e la mente, gli ha ridonato la speranza.

Che cosa c'è dopo la morte? Gli esiti non possono essere che due: o il nulla o il tutto; o l'annientamento o la vita eterna. Ma la stessa nostra vita terrena non può rimanere indifferente di fronte a tale scelta: o tutto è assurdo o tutto è mistero! Non si può, però, oscillare a lungo tra questi due poli, perché proprio l'assurdità dell'assurdo spinge verso il mistero. Non c'è uomo sulla terra che, in un momento di lucidità, non abbia provato che è assurdo, "osceno", come disse Sartre, l'essere proiettati sulla scena del mondo, l'esistere qui o là senza sapere da chi si proviene, senza sapere perché si vive. La stessa ideologia ottimistica del "progresso" - che nei secoli passati aveva suonato le fanfare della imminente spiegazione di tutto in questo mondo, della "luce" (illuminismo) che comunque avrebbe dissipato le tenebre attuali, della "scienza" che avrebbe sconfitto i miti e le fiabe religiose - oggi appare incrinata su se stessa. La ragione sta proprio nel fatto che l'idea dell'assurdo ha investito la coscienza e l'inconscio dei popoli. Malgrado le scene televisive, in cui sembra giocarsi una festa continua, i volti dei nostri contemporanei sono tristi. I loro risi sono forzati. I loro pensieri sono sterili. Le loro speranze sono andate deluse. Il nichilismo gaio sembra essere la dominante della cultura contemporanea. Una gioia luciferina sembra aleggiare in tanti salotti del nostro Occidente.

A fronte della angoscia dell'assurdo e della paura dell'ignoto - che vediamo scolpite negli occhi di tanti giovani e meno giovani - c'è chi continua a scommettere sul mistero, sull'amore, sulla vita eterna, su Dio. Illusione? o abbandono all'essere, che è più forte di ogni nulla? abbandono alla realtà e alla sua profonda e interna esigenza di significato ultimo?

Ebbe a dire il card. Biffi: "La scelta non è tra una vita futura, di cui non si sa niente, e una godibile vita presente. La scelta è tra un'esistenza svuotata di verità, di scopo, di ragionevolezza, e la speranza che qualche evento venga a darci un senso e un traguardo. E di niente l'uomo, anche quando superficialmente lo nega, ha più pungente necessità come di questa speranza".

Il cuore del messaggio cristiano è proprio la "vita eterna", che è tornata a splendere in tutto il suo fulgore nel corpo risorto di Gesù Cristo. Solo accogliendo il mistero di un Dio che si è reso visibile nella nostra carne umana, il volto dell'uomo - di quest'uomo di fine millennio, in preda a malinconie, a tristezze e ad angosce mortali- si illumina di stupore. E le opere e i giorni della sua vita non saranno più una inspiegabile e tragica avventura dominata dalla paura dell'ignoto, una gaia corsa verso il nulla, ma un cammino rischiarato dal fascino e dallo stupore di tutto ciò che ci portiamo dentro e di tutto ciò che viviamo nelle relazioni con gli altri. Perché ciò che viviamo e ciò che incontriamo non è altro che il segno e la forma del Mistero da cui proveniamo, del Mistero a cui è destinato il nostro approdo.