GIOVANNI PAOLO II

 

Parrocchia di Santo Stefano
Casalmaggiore 2005
46

 


Pubblichiamo in questo fascicolo: il Testamento di Giovanni Paolo II; il Rogito, ossia una breve descrizione della sua biografia, deposto nella sua tomba situata nelle Grotte Vaticane; l'Omelia del card. J. Ratzinger,decano del Sacro Collegio, durante la messa esequiale celebrata il venerdì 8 aprile 2005 in piazza San Pietro; e l'Omelia del nostro parroco, don Alberto, durante la messa di suffragio per Giovanni Paolo II, che si è celebrata nel Duomo di Santo Stefano a Casalmaggiore la sera di mercoledì 6 aprile 2005.
E' una documentazione preziosa, che intende rendere omaggio a un grande Papa che ha segnato una tappa decisiva nel millenario cammino della Chiesa cattolica sulle strade di questo nostro mondo.


Casalmaggiore, 17 aprile 2005
Quarta Domenica di Pasqua


TESTAMENTO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II

(reso noto dalla Sala Stampa Vaticana nel pomeriggio di giovedì 7 aprile 2005)

Il testamento del 6.3.1979
(e le aggiunte successive)
Totus Tuus ego sum
Nel Nome della Santissima Trinità. Amen.
"Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà" (cf. Mt 24, 42) - queste parole mi ricordano l'ultima chiamata, che avverrà nel momento in cui il Signore vorrà. Desidero seguirLo e desidero che tutto ciò che fa parte della mia vita terrena mi prepari a questo momento. Non so quando esso verrà, ma come tutto, anche questo momento depongo nelle mani della Madre del mio Maestro: Totus Tuus. Nelle stesse mani materne lascio tutto e Tutti coloro con i quali mi ha collegato la mia vita e la mia vocazione. In queste Mani lascio soprattutto la Chiesa, e anche la mia Nazione e tutta l'umanità. Ringrazio tutti. A tutti chiedo perdono. Chiedo anche la preghiera, affinché la Misericordia di Dio si mostri più grande della mia debolezza e indegnità.
Durante gli esercizi spirituali ho riletto il testamento del Santo Padre Paolo VI. Questa lettura mi ha spinto a scrivere il presente testamento.
Non lascio dietro di me alcuna proprietà di cui sia necessario disporre. Quanto alle cose di uso quotidiano che mi servivano, chiedo di distribuirle come apparirà opportuno. Gli appunti personali siano bruciati. Chiedo che su questo vigili don Stanislao, che ringrazio per la collaborazione e l'aiuto così prolungato negli anni e così comprensivo. Tutti gli altri ringraziamenti invece, li lascio nel cuore davanti a Dio stesso, perché è difficile esprimerli.
Per quanto riguarda il funerale, ripeto le stesse disposizioni, che ha dato il Santo Padre Paolo VI. (qui nota al margine: il sepolcro nella terra, non in un sarcofago, 13.3.92). Del luogo decida il Collegio Cardinalizio e i Connazionali.
"apud Dominum misericordia
et copiosa apud Eum redemptio"
Giovanni Paolo pp. II
Roma, 6.III.1979
Dopo la morte chiedo Sante Messe e preghiere
5.III.1990
***
Foglio senza data:
Esprimo la più profonda fiducia che, malgrado tutta la mia debolezza, il Signore mi concederà ogni grazia necessaria per affrontare secondo la Sua volontà qualsiasi compito, prova e sofferenza che vorrà richiedere dal Suo servo, nel corso della vita. Ho anche fiducia che non permetterà mai che, mediante qualche mio atteggiamento: parole, opere o omissioni, possa tradire i miei obblighi in questa santa Sede Petrina.
***
24.II - 1.III.1980
Anche durante questi esercizi spirituali ho riflettuto sulla verità del Sacerdozio di Cristo nella prospettiva di quel Transito che per ognuno di noi è il momento della propria morte. Del congedo da questo mondo - per nascere all'altro, al mondo futuro, segno eloquente (aggiunto sopra: decisivo) è per noi la Risurrezione di Cristo.
Ho letto dunque la registrazione del mio testamento dell'ultimo anno, fatta anch'essa durante gli esercizi spirituali - l'ho paragonata con il testamento del mio grande Predecessore e Padre Paolo VI, con quella sublime testimonianza sulla morte di un cristiano e di un papa - e ho rinnovato in me la coscienza delle questioni, alle quali si riferisce la registrazione del 6.III. 1979 preparata da me (in modo piuttosto provvisorio).
Oggi desidero aggiungere ad essa solo questo, che ognuno deve tener presente la prospettiva della morte. E deve esser pronto a presentarsi davanti al Signore e al Giudice - e contemporaneamente Redentore e Padre. Allora anche io prendo in considerazione questo continuamente, affidando quel momento decisivo alla Madre di Cristo e della Chiesa - alla Madre della mia speranza.
I tempi, nei quali viviamo, sono indicibilmente difficili e inquieti. Difficile e tesa è diventata anche la via della Chiesa, prova caratteristica di questi tempi - tanto per i Fedeli, quanto per i Pastori. In alcuni Paesi (come p.e. in quello di cui ho letto durante gli esercizi spirituali), la Chiesa si trova in un periodo di persecuzione tale, da non essere inferiore a quelle dei primi secoli, anzi li supera per il grado della spietatezza e dell'odio. Sanguis martyrum - semen christianorum. E oltre questo - tante persone scompaiono innocentemente, anche in questo Paese in cui viviamo…
Desidero ancora una volta totalmente affidarmi alla grazia del Signore. Egli stesso deciderà quando e come devo finire la mia vita terrena e il ministero pastorale. Nella vita e nella morte Totus Tuus mediante l'Immacolata. Accettando già ora questa morte, spero che il Cristo mi dia la grazia per l'ultimo passaggio, cioè la [mia] Pasqua. Spero anche che la renda utile anche per questa più importante causa alla quale cerco di servire: la salvezza degli uomini, la salvaguardia della famiglia umana, e in essa di tutte le nazioni e dei popoli (tra essi mi rivolgo anche in modo particolare alla mia Patria terrena), utile per le persone che in modo particolare mi ha affidato, per la questione della Chiesa, per la gloria dello stesso Dio.
Non desidero aggiungere niente a quello che ho scritto un anno fa - solo esprimere questa prontezza e contemporaneamente questa fiducia, alla quale i presenti esercizi spirituali di nuovo mi hanno disposto.
Giovanni Paolo II
* * *
Totus Tuus ego sum
5.III.1982
Nel corso degli esercizi spirituali di quest'anno ho letto (più volte) il testo del testamento del 6.III.1979. Malgrado che tuttora lo consideri come provvisorio (non definitivo), lo lascio nella forma nella quale esiste. Non cambio (per ora) niente, e neppure aggiungo, per quanto riguarda le disposizioni in esso contenute.
L'attentato alla mia vita il 13.V.1981 in qualche modo ha confermato l'esattezza delle parole scritte nel periodo degli esercizi spirituali del 1980 (24.II - 1.III)
Tanto più profondamente sento che mi trovo totalmente nelle Mani di Dio - e resto continuamente a disposizione del mio Signore, affidandomi a Lui nella Sua Immacolata Madre (Totus Tuus)
Giovanni Paolo pp. II
***
5.III.82
In connessione con l'ultima frase del mio testamento del 6.III 1979 (: "Sul luogo /il luogo cioè del funerale/ decida il Collegio Cardinalizio e i Connazionali") - chiarisco che ho in mente: il metropolita di Cracovia o il Consiglio Generale dell'Episcopato della Polonia - al Collegio Cardinalizio chiedo intanto di soddisfare in quanto possibile le eventuali domande dei su elencati.
***
1.III.1985 (nel corso degli esercizi spirituali).
Ancora - per quanto riguarda l'espressione "Collegio Cardinalizio e i Connazionali": il "Collegio Cardinalizio" non ha nessun obbligo di interpellare su questo argomento "i Connazionali"; può tuttavia farlo, se per qualche motivo lo riterrà giusto.
JPII

Gli esercizi spirituali dell'anno giubilare 2000
(12-18.III)
[per il testamento]
1. Quando nel giorno 16 ottobre 1978 il conclave dei cardinali scelse Giovanni Paolo II, il Primate della Polonia Card. Stefan Wyszy?ski mi disse: "Il compito del nuovo papa sarà di introdurre la Chiesa nel Terzo Millennio". Non so se ripeto esattamente la frase, ma almeno tale era il senso di ciò che allora sentii. Lo disse l'Uomo che è passato alla storia come Primate del Millennio. Un grande Primate. Sono stato testimone della sua missione, del Suo totale affidamento. Delle Sue lotte: della Sua vittoria. "La vittoria, quando avverrà, sarà una vittoria mediante Maria" - queste parole del suo Predecessore, il card. August Hlond, soleva ripetere il Primate del Millennio.
In questo modo sono stato in qualche maniera preparato al compito che il giorno 16 ottobre 1978 si è presentato davanti a me. Nel momento in cui scrivo queste parole, l'Anno giubilare del 2000 è già una realtà in atto. La notte del 24 dicembre 1999 è stata aperta la simbolica Porta del Grande Giubileo nella Basilica di San Pietro, in seguito quella di San Giovanni in Laterano, poi di Santa Maria Maggiore - a capodanno, e il giorno 19 gennaio la Porta della Basilica di San Paolo "fuori le mura". Quest'ultimo avvenimento, per via del suo carattere ecumenico, è restato impresso nella memoria in modo particolare.
2. A misura che l'Anno Giubilare 2000 va avanti, di giorno in giorno si chiude dietro di noi il secolo ventesimo e si apre il secolo ventunesimo. Secondo i disegni della Provvidenza mi è stato dato di vivere nel difficile secolo che se ne sta andando nel passato, e ora nell'anno in cui l'età della mia vita giunge agli anni ottanta ("octogesima adveniens"), bisogna domandarsi se non sia il tempo di ripetere con il biblico Simeone "Nunc dimittis".
Nel giorno del 13 maggio 1981, il giorno dell'attentato al Papa durante l'udienza generale in Piazza San Pietro, la Divina Provvidenza mi ha salvato in modo miracoloso dalla morte. Colui che è unico Signore della vita e della morte Lui stesso mi ha prolungato questa vita, in un certo modo me l'ha donata di nuovo. Da questo momento essa ancora di più appartiene a Lui. Spero che Egli mi aiuterà a riconoscere fino a quando devo continuare questo servizio, al quale mi ha chiamato nel giorno 16 ottobre 1978. Gli chiedo di volermi richiamare quando Egli stesso vorrà. "Nella vita e nella morte apparteniamo al Signore… siamo del Signore" (cf. Rm 14, 8). Spero anche che fino a quando mi sarà donato di compiere il servizio Petrino nella Chiesa, la Misericordia di Dio voglia prestarmi le forze necessarie per questo servizio.
3. Come ogni anno durante gli esercizi spirituali ho letto il mio testamento del 6.III.1979. Continuo a mantenere le disposizioni contenute in esso. Quello che allora, e anche durante i successivi esercizi spirituali è stato aggiunto costituisce un riflesso della difficile e tesa situazione generale, che ha marcato gli anni ottanta. Dall'autunno dell'anno 1989 questa situazione è cambiata. L'ultimo decennio del secolo passato è stato libero dalle precedenti tensioni; ciò non significa che non abbia portato con sé nuovi problemi e difficoltà. In modo particolare sia lode alla Provvidenza Divina per questo, che il periodo della così detta "guerra fredda" è finito senza il violento conflitto nucleare, di cui pesava sul mondo il pericolo nel periodo precedente.
4. Stando sulla soglia del terzo millennio "in medio Ecclesiae", desidero ancora una volta esprimere gratitudine allo Spirito Santo per il grande dono del Concilio Vaticano II, al quale insieme con l'intera Chiesa - e soprattutto con l'intero episcopato - mi sento debitore. Sono convinto che ancora a lungo sarà dato alle nuove generazioni di attingere alle ricchezze che questo Concilio del XX secolo ci ha elargito. Come vescovo che ha partecipato all'evento conciliare dal primo all'ultimo giorno, desidero affidare questo grande patrimonio a tutti coloro che sono e saranno in futuro chiamati a realizzarlo. Per parte mia ringrazio l'eterno Pastore che mi ha permesso di servire questa grandissima causa nel corso di tutti gli anni del mio pontificato.
"In medio Ecclesiae"… dai primi anni del servizio vescovile - appunto grazie al Concilio - mi è stato dato di sperimentare la fraterna comunione dell'Episcopato. Come sacerdote dell'Arcidiocesi di Cracovia avevo sperimentato che cosa fosse la fraterna comunione del presbiterio - il Concilio ha aperto una nuova dimensione di questa esperienza.
5. Quante persone dovrei qui elencare! Probabilmente il Signore Dio ha chiamato a Sé la maggioranza di esse - quanto a coloro che ancora si trovano da questa parte, le parole di questo testamento li ricordino, tutti e dappertutto, dovunque si trovino.
Nel corso di più di vent'anni da cui svolgo il servizio Petrino "in medio Ecclesiae" ho sperimentato la benevola e quanto mai feconda collaborazione di tanti Cardinali, Arcivescovi e Vescovi, tanti sacerdoti, tante persone consacrate - Fratelli e Sorelle - infine di tantissime persone laiche, nell'ambiente curiale, nel Vicariato della Diocesi di Roma, nonché fuori di questi ambienti.
Come non abbracciare con grata memoria tutti gli Episcopati nel mondo, con i quali mi sono incontrato nel succedersi delle visite "ad limina Apostolorum"! Come non ricordare anche tanti Fratelli cristiani - non cattolici! E il rabbino di Roma e così numerosi rappresentanti delle religioni non cristiane! E quanti rappresentanti del mondo della cultura, della scienza, della politica, dei mezzi di comunicazione sociale!
6. A misura che si avvicina il limite della mia vita terrena ritorno con la memoria all'inizio, ai miei Genitori, al Fratello e alla Sorella (che non ho conosciuto, perché morì prima della mia nascita), alla parrocchia di Wadowice, dove sono stato battezzato, a quella città del mio amore, ai coetanei, compagne e compagni della scuola elementare, del ginnasio, dell'università, fino ai tempi dell'occupazione, quando lavorai come operaio, e in seguito alla parrocchia di Niegowi?, a quella cracoviana di S. Floriano, alla pastorale degli accademici, all'ambiente… a tutti gli ambienti… a Cracovia e a Roma… alle persone che in modo speciale mi sono state affidate dal Signore.
A tutti voglio dire uno sola cosa: "Dio vi ricompensi"
"In manus Tuas, Domine, commendo spiritum meum"
A.D. 17.III.2000

OMELIA DEL CARD. JOSEPH RATZINGER
(Durante la Messa esequiale per il defunto Pontefice Giovanni Paolo II, Piazza San Pietro, Venerdì 8 aprile 2005)

"Seguimi" dice il Signore risorto a Pietro, come sua ultima parola a questo discepolo, scelto per pascere le sue pecore. "Seguimi" - questa parola lapidaria di Cristo può essere considerata la chiave per comprendere il messaggio che viene dalla vita del nostro compianto ed amato Papa Giovanni Paolo II, le cui spoglie deponiamo oggi nella terra come seme di immortalità - il cuore pieno di tristezza, ma anche di gioiosa speranza e di profonda gratitudine.
Questi sono i sentimenti del nostro animo, Fratelli e Sorelle in Cristo, presenti in Piazza S. Pietro, nelle strade adiacenti e in diversi altri luoghi della città di Roma, popolata in questi giorni da un'immensa folla silenziosa ed orante. Tutti saluto cordialmente. A nome anche del Collegio dei Cardinali desidero rivolgere il mio deferente pensiero ai Capi di Stato, di Governo e alle delegazioni dei vari Paesi. Saluto le Autorità e i Rappresentanti delle Chiese e Comunità cristiane, come pure delle diverse religioni. Saluto poi gli Arcivescovi, i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i fedeli tutti giunti da ogni Continente; in modo speciale i giovani, che Giovanni Paolo II amava definire futuro e speranza della Chiesa. Il mio saluto raggiunge, inoltre, quanti in ogni parte del mondo sono a noi uniti attraverso la radio e la televisione in questa corale partecipazione al solenne rito di commiato dall'amato Pontefice.
Seguimi - da giovane studente Karol Wojty?a era entusiasta della letteratura, del teatro, della poesia. Lavorando in una fabbrica chimica, circondato e minacciato dal terrore nazista, ha sentito la voce del Signore: Seguimi! In questo contesto molto particolare cominciò a leggere libri di filosofia e di teologia, entrò poi nel seminario clandestino creato dal Cardinale Sapieha e dopo la guerra poté completare i suoi studi nella facoltà teologica dell'Università Jaghellonica di Cracovia. Tante volte nelle sue lettere ai sacerdoti e nei suoi libri autobiografici ci ha parlato del suo sacerdozio, al quale fu ordinato il 1° novembre 1946. In questi testi interpreta il suo sacerdozio in particolare a partire da tre parole del Signore. Innanzitutto questa: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga" (Gv 15, 16). La seconda parola è: "Il buon pastore offre la vita per le pecore" (Gv 10, 11). E finalmente: "Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore" (Gv 15, 9). In queste tre parole vediamo tutta l'anima del nostro Santo Padre. E' realmente andato ovunque ed instancabilmente per portare frutto, un frutto che rimane. "Alzatevi, andiamo!", è il titolo del suo penultimo libro. "Alzatevi, andiamo!" - con queste parole ci ha risvegliato da una fede stanca, dal sonno dei discepoli di ieri e di oggi. "Alzatevi, andiamo!" dice anche oggi a noi. Il Santo Padre è stato poi sacerdote fino in fondo, perché ha offerto la sua vita a Dio per le sue pecore e per l'intera famiglia umana, in una donazione quotidiana al servizio della Chiesa e soprattutto nelle difficili prove degli ultimi mesi. Così è diventato una sola cosa con Cristo, il buon pastore che ama le sue pecore. E infine "rimanete nel mio amore": Il Papa che ha cercato l'incontro con tutti, che ha avuto una capacità di perdono e di apertura del cuore per tutti, ci dice, anche oggi, con queste parole del Signore: Dimorando nell'amore di Cristo impariamo, alla scuola di Cristo, l'arte del vero amore.
Seguimi! Nel luglio 1958 comincia per il giovane sacerdote Karol Wojtyla una nuova tappa nel cammino con il Signore e dietro il Signore. Karol si era recato come di solito con un gruppo di giovani appassionati di canoa ai laghi Masuri per una vacanza da vivere insieme. Ma portava con sé una lettera che lo invitava a presentarsi al Primate di Polonia, Cardinale Wyszy?ski e poteva indovinare lo scopo dell'incontro: la sua nomina a Vescovo ausiliare di Cracovia. Lasciare l'insegnamento accademico, lasciare questa stimolante comunione con i giovani, lasciare il grande agone intellettuale per conoscere ed interpretare il mistero della creatura uomo, per rendere presente nel mondo di oggi l'interpretazione cristiana del nostro essere - tutto ciò doveva apparirgli come un perdere se stesso, perdere proprio quanto era divenuto l'identità umana di questo giovane sacerdote. Seguimi - Karol Wojty?a accettò, sentendo nella chiamata della Chiesa la voce di Cristo. E si è poi reso conto di come è vera la parola del Signore: "Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece l'avrà perduta la salverà" (Lc 17, 33). Il nostro Papa - lo sappiamo tutti - non ha mai voluto salvare la propria vita, tenerla per sé; ha voluto dare se stesso senza riserve, fino all'ultimo momento, per Cristo e così anche per noi. Proprio in tal modo ha potuto sperimentare come tutto quanto aveva consegnato nelle mani del Signore è ritornato in modo nuovo: l'amore alla parola, alla poesia, alle lettere fu una parte essenziale della sua missione pastorale e ha dato nuova freschezza, nuova attualità, nuova attrazione all'annuncio del Vangelo, proprio anche quando esso è segno di contraddizione.
Seguimi! Nell'ottobre 1978 il Cardinale Wojty?a ode di nuovo la voce del Signore. Si rinnova il dialogo con Pietro riportato nel Vangelo di questa celebrazione: "Simone di Giovanni, mi ami? Pasci le mie pecorelle!" Alla domanda del Signore: Karol mi ami?, l'Arcivescovo di Cracovia rispose dal profondo del suo cuore: "Signore, tu sai tutto: Tu sai che ti amo". L'amore di Cristo fu la forza dominante nel nostro amato Santo Padre; chi lo ha visto pregare, chi lo ha sentito predicare, lo sa. E così, grazie a questo profondo radicamento in Cristo ha potuto portare un peso, che va oltre le forze puramente umane: Essere pastore del gregge di Cristo, della sua Chiesa universale. Non è qui il momento di parlare dei singoli contenuti di questo Pontificato così ricco. Vorrei solo leggere due passi della liturgia di oggi, nei quali appaiono elementi centrali del suo annuncio. Nella prima lettura dice San Pietro - e dice il Papa con San Pietro - a noi: "In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto. Questa è la parola che egli ha inviato ai figli d'Israele, recando la buona novella della pace, per mezzo di Gesù Cristo, che è Signore di tutti" (Atti 10, 34-36). E, nella seconda lettura, San Paolo - e con San Paolo il nostro Papa defunto - ci esorta ad alta voce: "Fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete saldi nel Signore così come avete imparato, carissimi" (Fil 4, 1).
Seguimi! Insieme al mandato di pascere il suo gregge, Cristo annunciò a Pietro il suo martirio. Con questa parola conclusiva e riassuntiva del dialogo sull'amore e sul mandato di pastore universale, il Signore richiama un altro dialogo, tenuto nel contesto dell'ultima cena. Qui Gesù aveva detto: "Dove vado io voi non potete venire". Disse Pietro: "Signore, dove vai?". Gli rispose Gesù: "Dove io vado per ora tu non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi" (Gv 13, 33.36). Gesù dalla cena va alla croce, va alla risurrezione - entra nel mistero pasquale; Pietro ancora non lo può seguire. Adesso - dopo la risurrezione - è venuto questo momento, questo "più tardi". Pascendo il gregge di Cristo, Pietro entra nel mistero pasquale, va verso la croce e la risurrezione. Il Signore lo dice con queste parole, "… quando eri più giovane... andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi" (Gv 21, 18). Nel primo periodo del suo pontificato il Santo Padre, ancora giovane e pieno di forze, sotto la guida di Cristo andava fino ai confini del mondo. Ma poi sempre più è entrato nella comunione delle sofferenze di Cristo, sempre più ha compreso la verità delle parole: "Un altro ti cingerà…". E proprio in questa comunione col Signore sofferente ha instancabilmente e con rinnovata intensità annunciato il Vangelo, il mistero dell'amore che va fino alla fine (cf Gv 13, 1).
Egli ha interpretato per noi il mistero pasquale come mistero della divina misericordia. Scrive nel suo ultimo libro: Il limite imposto al male "è in definitiva la divina misericordia" ("Memoria e identità", pag. 70). E riflettendo sull'attentato dice: "Cristo, soffrendo per tutti noi, ha conferito un nuovo senso alla sofferenza; l'ha introdotta in una nuova dimensione, in un nuovo ordine: quello dell'amore…E' la sofferenza che brucia e consuma il male con la fiamma dell'amore e trae anche dal peccato una multiforme fioritura di bene" (pag. 199). Animato da questa visione, il Papa ha sofferto ed amato in comunione con Cristo e perciò il messaggio della sua sofferenza e del suo silenzio è stato così eloquente e fecondo.
Divina Misericordia: Il Santo Padre ha trovato il riflesso più puro della misericordia di Dio nella Madre di Dio. Lui, che aveva perso in tenera età la mamma, tanto più ha amato la Madre divina. Ha sentito le parole del Signore crocifisso come dette proprio a lui personalmente: "Ecco tua madre!". Ed ha fatto come il discepolo prediletto: l'ha accolta nell'intimo del suo essere (eis ta idia: Gv 19, 27) - Totus tuus. E dalla madre ha imparato a conformarsi a Cristo.
Per tutti noi rimane indimenticabile come in questa ultima domenica di Pasqua della sua vita, il Santo Padre, segnato dalla sofferenza, si è affacciato ancora una volta alla finestra del Palazzo Apostolico ed un'ultima volta ha dato la benedizione "Urbi et orbi". Possiamo essere sicuri che il nostro amato Papa sta adesso alla finestra della casa del Padre, ci vede e ci benedice. Sì, ci benedica, Santo Padre. Noi affidiamo la tua cara anima alla Madre di Dio, tua Madre, che ti ha guidato ogni giorno e ti guiderà adesso alla gloria eterna del Suo Figlio, Gesù Cristo nostro Signore. Amen.


MORTE, DEPOSIZIONE E TUMULAZIONE
DI GIOVANNI PAOLO II DI SANTA MEMORIA

(Rogito - scritto in lingua latina, e qui presentato nella traduzione italiana - deposto nella tomba, accanto alla salma di Giovanni Paolo II)

Nella luce di Cristo risorto dai morti, il 2 aprile dell'anno del Signore 2005, alle 21,37 della sera, mentre volgeva al termine il sabato, ed eravamo già entrati nel giorno del Signore, Ottava di Pasqua e Domenica della Divina Misericordia, l'amato Pastore della Chiesa, Giovanni Paolo II, è passato da questo mondo al Padre. Tutta la Chiesa in preghiera ha accompagnato il suo transito, specialmente i giovani.
Giovanni Paolo II è stato il 264° Papa. La sua memoria rimane nel cuore della Chiesa e dell'intera umanità.
Karol Wojty?a, eletto Papa il 16 ottobre 1978, nacque a Wadowice, città a 50 km da Cracovia, il 18 maggio 1920 e fu battezzato due giorni più tardi nella Chiesa parrocchiale dal sacerdote Francesco Zak.
A 9 anni ricevette la Prima Comunione e a 18 anni il sacramento della Cresima. Interrotti gli studi, perché le forze di occupazione naziste avevano chiusa l'Università, lavorò in una cava e, in seguito, nella fabbrica chimica Solvay.
A partire dal 1942, sentendosi chiamato al sacerdozio, frequentò i corsi di formazione del seminario clandestino di Cracovia. Il primo novembre 1946 ricevette l'ordinazione sacerdotale dalle mani del Cardinale Adam Sapieha. Poi fu mandato a Roma, dove conseguì la licenza e il dottorato in teologia, con la tesi dal titolo Doctrina de fide apud Sanctum Ioannem a Cruce.
Ritornò poi in Polonia, dove ebbe alcune mansioni pastorali ed insegnò le sacre discipline. Il 4 luglio 1958, il Papa Pio XII lo nominò Vescovo Ausiliare di Cracovia. E da Paolo VI nel 1964 fu destinato alla stessa sede come Arcivescovo. Come tale intervenne al Concilio Vaticano II. Paolo VI lo creò Cardinale il 26 giugno 1967.
Nel Conclave fu eletto Papa dai Cardinali il 16 ottobre 1978 e prese il nome di Giovanni Paolo II. Il 22 ottobre, Giorno del Signore, iniziava solennemente il suo ministero Petrino.
Il pontificato di Giovanni Paolo II è stato uno dei più lunghi della storia della Chiesa. In tale periodo, sotto vari aspetti, si sono visti molti mutamenti. Si annovera la caduta di taluni regimi, alla quale egli stesso contribuì. Allo scopo di annunciare il Vangelo compì molti viaggi in varie nazioni.
Giovanni Paolo II ha esercitato il ministero Petrino con instancabile spirito missionario, dedicando tutte le sue energie sospinto dalla sollicitudo omnium ecclesiarum e dalla carità aperta all'umanità intera. Più di ogni Predecessore ha incontrato il Popolo di Dio e i Responsabili delle Nazioni, nelle Celebrazioni, nelle Udienze generali e speciali e nelle Visite pastorali.
Il suo amore per i giovani lo ha spinto ad iniziare le Giornate Mondiali della Gioventù, convocando milioni di giovani in varie parti del mondo.
Ha promosso con successo il dialogo con gli ebrei e con i rappresentanti delle altre religioni, convocandoli talvolta in incontri di preghiera per la pace, specialmente in Assisi.
Ha notevolmente allargato il Collegio dei Cardinali, creandone 231 (più uno in pectore). Ha convocato ben 15 Assemblee del Sinodo dei Vescovi, 7 generali ordinarie e 8 speciali. Ha eretto numerose Diocesi e Circoscrizioni, in particolare nell'est europeo.
Ha riformato i Codici di Diritto Canonico Occidentale ed Orientale, ha creato nuove Istituzioni e riordinato la Curia Romana.
Come "sacerdos magnus" ha esercitato il ministero liturgico nella Diocesi di Roma e in tutto l'orbe, in piena fedeltà al Concilio Vaticano II. Ha promosso in modo esemplare la vita e la spiritualità liturgica e la preghiera contemplativa, specialmente l'adorazione eucaristica e la preghiera del santo Rosario (cfr Lett. ap. Rosarium Virginis Mariae).
Sotto la sua guida la Chiesa si è avvicinata al terzo millennio e ha celebrato il Grande Giubileo del 2000, secondo le linee indicate con la Lettera apostolica Tertio millennio adveniente. Essa poi si è affacciata al nuovo evo, ricevendone indicazioni nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, nella quale si mostrava ai fedeli il cammino del tempo futuro.
Con l'Anno della Redenzione, l'Anno Mariano e l'Anno dell'Eucaristia, ha promosso il rinnovamento spirituale della Chiesa. Ha dato un impulso straordinario alle canonizzazioni e beatificazioni, per mostrare innumerevoli esempi della santità di oggi, che fossero di incitamento agli uomini del nostro tempo. Ha proclamato Dottore della Chiesa santa Teresa di Gesù Bambino.
Il magistero dottrinale di Giovanni Paolo II è molto ricco. Custode del deposito della fede, egli si è adoperato con sapienza e coraggio a promuovere la dottrina cattolica, teologica, morale e spirituale, e a contrastare durante tutto il suo Pontificato tendenze contrarie alla genuina tradizione della Chiesa.
Tra i documenti principali si annoverano 14 Encicliche, 15 Esortazioni apostoliche, 11 Costituzioni apostoliche, 45 Lettere apostoliche, oltre alle Catechesi proposte nelle Udienze generali ed alle allocuzioni pronunciate in ogni parte del mondo. Con il suo insegnamento Giovanni Paolo II ha confermato e illuminato il Popolo di Dio sulla dottrina teologica (soprattutto nelle prime tre grandi Encicliche - Redemptor hominis, Dives in misericordia, Dominum et vivificantem), antropologica e sociale (Encicliche Laborem exercens, Sollicitudo rei socialis, Centesimus annus), morale (Encicliche Veritatis splendor, Evangelium vitae), ecumenica (Enciclica Ut unum sint), missiologica (Enciclica Redemptoris missio), mariologica (Enciclica Redemptoris Mater).
Egli ha promulgato il Catechismo della Chiesa Cattolica, alla luce della Tradizione, autorevolmente interpretata dal Concilio Vaticano II. Ha pubblicato anche alcuni volumi come privato Dottore.
Il suo magistero è culminato nell'Enciclica Ecclesia de Eucharistia e nella Lettera apostolica Mane nobiscum Domine, durante l'Anno dell'Eucaristia.
Giovanni Paolo II ha lasciato a tutti una testimonianza mirabile di pietà, di vita santa e di paternità universale.
…………...
(I testimoni delle celebrazioni e della tumulazione…)
……………
CORPUS IOANNIS PAULI II P.M.
VIXIT ANNOS LXXXIV, MENSES X DIES XV
ECCLESIAE UNIVERSAE PRAEFUIT
ANNOS XXVI MENSES V DIES XVII
Semper in Christo vivas, Pater Sancte!


IN MEMORIA JOANNIS PAULI II
(Omelia di don Alberto Franzini durante la messa di suffragio per Giovanni Paolo II, Duomo di Santo Stefano, Casalmaggiore, mercoledì 6 aprile 2005)


"Non abbiate paura. Cristo sa che cosa è dentro l'uomo. Solo Lui lo sa!". Queste parole, pronunciate in piazza San Pietro durante la messa di inaugurazione del suo ministero papale il 22 ottobre 1978, costituiscono la chiave di volta della testimonianza e dell'insegnamento di Giovanni Paolo II. Sono parole che vengono da lontano. Vengono dalla sua vocazione al sacerdozio, dai suoi studi di filosofia e di teologia, dalla sua attività di professore di etica, dal suo ministero fra i giovani, soprattutto dalla sua partecipazione ai lavori del Concilio Vaticano II, dove il giovane arcivescovo di Cracovia contribuì, in misura determinante, alla stesura della Gaudium et spes, la costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. In questo importante documento del Concilio, al n. 22, c'è un passo, continuamente citato in tanti testi e in tanti discorsi del suo pontificato, a partire dalla sua prima enciclica, la Redemptor Hominis (del marzo 1979), che contiene il programma e lo stile dell'intero suo ministero successivo: "Solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo…Cristo, rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione". Questa è la "forte antropologia" di Giovanni Paolo II, la quale spiega tutti i suoi gesti, tutto il suo prezioso insegnamento, tutta la sua coraggiosa testimonianza, tutto il suo "non aver paura" di alcuna sfida. L'insegnamento fondamentale di questo Papa è stato proprio la continua, insistente affermazione della profonda dignità della persona umana, liberandola da ogni manipolazione ideologica e da ogni strumentalizzazione politica.
La Chiesa, quando il giovane cardinale di Cracovia fu eletto Papa, era impigliata in una preoccupante crisi spirituale e culturale del mondo occidentale, che Paolo VI aveva avuto l'ardire di denunciare, con toni perfino drammatici, ma che non era riuscito ad affrontare. Il Concilio aveva certamente riportato successi significativi, ma il clima della Chiesa postconciliare era diventato "aspro e aggressivo", secondo una lucida analisi dell'allora arcivescovo di Monaco, il card. Ratzinger, diventato poi uno dei collaboratori più stretti e più fidati di Giovanni Paolo II. Sul piano culturale - si era negli anni sessanta e settanta - si era passati dall'euforia circa le illimitate prospettive di progresso alla disillusione e agli entusiasmi rivoluzionari. Si stava passando dalla "stagione dei valori tradizionali" a quella del pensiero debole, dell'individualismo radicale, del nichilismo.
E la Chiesa? Il concilio l'aveva spinta, coraggiosamente, sulle strade evangeliche del dialogo col mondo. Ma o il dialogo con la modernità - appassionatamente e sinceramente voluto e vissuto da papa Montini - riprendeva la strada della radicazione nella santità e nella identità cattolica, oppure la Chiesa era destinata a diventare lo specchio del mondo, risucchiata essa stessa dallo Zeitgeist, dallo spirito dei tempi che in quel momento era costruito su un umanesimo autodistruttivo e senza speranza. E fu proprio l'intesa fra il cinquantunenne bavarese e il cinquantottenne polacco, a dare il via alla elezione del card. Wojtyla, nel conclave che seguì alla morte di Giovanni Paolo I. I due cardinali si trovarono istintivamente in sintonia: occorreva ritrovare - furono le parole stesse di Ratzinger - "l'audacia di accettare, con cuore gioioso e senza tema di sminuirsi, la follia della verità".
La parola "verità" - che costituisce il titolo di un'importante enciclica, Veritatis splendor - è un'altra chiave per capire il ministero di Giovanni Paolo II, o meglio è una dimensione essenziale della sua "forte antropologia". Proprio perché egli stato sempre dalla parte della verità, non è sempre stato capito, anzi è stato spesso osteggiato. Ricordo, soprattutto nei primi anni di pontificato, con quanta supponenza gli intellettuali, anche cattolici, del nostro Occidente, guardavano al "Papa polacco": dove l'aggettivo "polacco" aveva un sapore anche di dispregio. Ma Giovanni Paolo II non si è mai lasciato intimorire da alcuna critica.
La persona umana è fatta per la verità, non per le opinioni, non per la menzogna. E solo l'accesso alla verità, che si è fatta splendore nel Verbo incarnato, può dare all'uomo quella felicità e quella libertà dalle ideologie e dalle ideolatrie che conducono l'uomo alla sua pienezza. Questa "verità" piena sull'uomo il Papa l'ha predicata ai quattro venti, ai potenti e ai semplici, a Roma e sulle tante contrade del mondo. E' una verità che riguarda tutto l'uomo: dal suo concepimento nel grembo materno al suo tramonto, nella famiglia, nella scuola e negli ospedali, nella Chiesa e nella società. Il suo magistero sulla vita, sulla famiglia, sulla donna, sulla pace, sui poveri è un prezioso patrimonio che lascia a tutta la Chiesa e che porterà frutti negli anni a venire. E' difficile trovare, nell'insegnamento di Giovanni Paolo II, qualche "ramo scoperto". Ogni dimensione della vita umana è affrontata secondo l'ottica della "verità". Il suo insegnamento spazia dai problemi sociali e politici, a quelli - attualissimi - delle frontiere della bioetica e delle biotecnologie; dai problemi filosofici e culturali - da qui una delle sue encicliche più forti, la Fides et ratio, che è un canto alla dignità e alla capacità dell'uomo di guardare al mistero trascendente - a quelli del rinnovamento della vita della Chiesa, che hanno visto negli anni del suo pontificato alcune pietre miliari, come il nuovo Codice di Diritto Canonico e il Catechismo della Chiesa cattolica.
La sua lotta contro ogni forma di totalitarismo, di sopraffazione, di degrado umano, di relativismo morale, la sua ostinata predicazione sulle radici cristiane dell'Europa (di quell'Europa che egli ha tanto amato, ma dalle cui sedi istituzionali da tempo non ha mai ricevuto alcun invito), il suo amore alla Tradizione vivente del deposito apostolico come alla fonte autentica di ogni progresso e di ogni riforma nella Chiesa non provengono da alcuna ideologia politica, non sono ascrivibili a nessuna bottega culturale, non nascondono alcuna strumentalizzazione di parte, ma sgorgano dal suo amore appassionato all'uomo, nel quale risplende l'immagine di Dio e sul quale si riflette lo splendore di Cristo. Riconosciamolo: non siamo sempre riusciti a sintonizzare i nostri passi su quelli del Papa. Lui ci precedeva sempre. E noi non siamo stati sempre capaci di andargli dietro.
Se ci chiediamo - e tanti in questi giorni se lo stanno chiedendo - da dove Papa Wojtyla ha attinto la forza e il coraggio per un lavoro così immane, io credo che la risposta sia una sola: dalla sua profonda fede, che quotidianamente alimentava in una preghiera intensa e perseverante. A me è capitata la grande fortuna di poter concelebrare la messa con il Papa nella cappella privata del suo appartamento (era il 13 giugno 1996) insieme al Vescovo Nicolini e ai miei compagni di ordinazione. Lì ho scoperto il segreto della personalità di Giovanni Paolo II: il suo amore al Signore Gesù Cristo e alla Vergine Madre Maria, alla quale si è totalmente donato ("Totus tuus" era il suo motto episcopale).
Il testamento che ci lascia è che non dobbiamo mai vergognarci di essere cristiani, (come non ricordare quelle parole all'inizio del suo pontificato: "Non abbiate paura. Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo. Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo": che respiro ampio! Il suo cristianesimo non è mai stato un cristianesimo bigotto, da sagrestia, intimistico o doloristico …), perché solo così siamo veramente liberi di accogliere e di dialogare con ogni persona, di qualunque cultura e religione. C'è, piuttosto, da vergognarci di essere troppo poco cristiani, ossia di chiudere le porte a Cristo: quelle del nostro cuore e quelle della nostra società. Questo è il dramma del nostro tempo. E questa è forse anche la malattia più oscura e più grave, anche perché è la meno percettibile e la più subdola, della cristianità attuale.
Tantissimi, in questi giorni, giovani (che egli amava e da cui è stato ricambiato) e meno giovani si sono recati e si stanno recando in pellegrinaggio a Roma, sfidando anche fatiche e disagi. Perché? Io credo: per una esigenza di gratitudine, per un bisogno di ricambiare l'amore che questo Papa ha voluto a tutti noi, a tutta l'umanità. Ma soprattutto perché vediamo in questo straordinario uomo una vita umana pienamente realizzata: la sua mai nascosta fede cristiana, dall'inizio alla fine, è stata un canto alla vita in tutte le sue forme e in tutte le sue dimensioni.
Sì, papa Wojtyla è un grande dono alla Chiesa e all'umanità. Siamone degni! Che il fascino e il sussulto emotivo di questi giorni non si spengano con l'attenuarsi e lo spegnersi dell'esposizione mediatica, ma si spalmino nei passi quotidiani del nostro cammino: per essere, come lui, viandanti e pellegrini verso l'incontro pieno con il Signore, che è il vero traguardo della nostra umana avventura. E che il Signore ci doni presto un altro Papa, che sappia camminare davanti a noi e con noi per indicarci ancora, con la stessa fermezza ed entusiasmo, le strade autentiche della verità e della libertà, che sono le strade di sempre, le strade del Vangelo, le strade degli apostoli, di Maria e dei santi, le strade dei nostri nonni, dei nostri papà e delle nostre mamme.