| Che branco di mascalzoni questi gentiluomini. Ci dicono pagani, golpisti, sfruttatori
 del dolore, mestatori nel torbido, autori
 di uno scempio. Questi che si dicono laici
 e che sono soltanto relitti del vecchio familismo
 amorale degli italiani, specie quando
 recitano il coro vomitevole di papà Beppino
 e di una nichilistica libertà di coscienza
 per giustificare l`eliminazione fisica di
 una disabile, una esecuzione degna dei nazisti.
 Secondo loro, un piccolo popolo che ha
 finalmente trovato a Udíne un boia asettico
 e clinico, saremmo noi a usare il corpo di
 Eluana. Noi che lo vorremmo in pace, quel
 sinolo di anima e corpo che appartiene a
 una cittadina adulta e titolare del diritto alla
 cura e alla vita; loro che lo hanno sequestrato
 alle suore misericordine di Lecco e lo
 hanno gettato in una tetra stanza dove decine
 di volenterosi carnefici piagnoni lo affamano
 e lo assetano in reverente obbedienza
 a una sentenza definitiva. Alla faccia della
 moratoria contro la pena di morte, quel
 grido ipocrita della società abortista ed eu-
 tanasica ed eugenetica, quel gesto simbolico
 invocato contro le sentenze definitive di
 condanna a morte che ora viene rimproverato
 a noi, che vogliamo una moratoria anche
 per la Englaro, da questi sepolcri imbiancati.
 Sarebbe il governo a fare un colpo di stato
 contro la Costituzione e il diritto. Bugiardi
 che non sono altro, calíznniatorì e mistificatori:
 è un quindicennio che i Defanti e i
 Morì e gli altri paranoici dell`eutanasia, insieme
 con i tiepidi testamentari biologici,
 fanno campagna sul corpo di Eluana Englaro.
 Una campagna disgustosa. Atrocemente
 sentimentale. Una campagna pubblica dissimulata
 nelle sordide cautele della pietà
 privata simulata. Che fa leva sulla paura
 della gente, sul pregiudizio ignorante in materia
 di disabiliti, sulla spregevole indifferenza
 verso la carnalità pulsante, respirante,
 anelante della vita umana, quell`indifferenza
 morale che si dispiega nella società
 che loro amano, quella dell`aborto, dell`eugenetica,
 della distruzione della vita per mi-
 gliaia e milioni di embrioni, dei protocolli
 che uccidono i down come le spine bifide.
 Lo avevamo detto, con il professor Ratzinger,
 che in questo secolo si giocherà sulla
 vita la battaglia della ragione e del buonumore.
 Non pensavamo che ci saremmo
 trovati tanto presto, a queste tristi latitudini,
 di fronte a un protocollo costituzionale di
 morte per disidratazione. Non pensavamo
 che una generazione postideologica sarebbe
 rifluita tanto facilmente negli imperativi
 dell`etica nullista, e che questo vecchio popolo
 di sinistra sfregiato dalla distruzione
 della vita, della famiglia, della maternità,
 del sesso, dell`amore coniugale, dell`educazione,
 della cultura e della cura sarebbe
 riuscito a imporre una cappa di consenso
 coatto, totalitario, tale da portare in piazza
 gente che lotta contro la carità crisíiaria 
                    e la
 laica cura ippocratica dei malati, e che si
 prosterna di fronte all`idolo della morte. E
 un orrore funesto assistere a questa immonda
 accademia, uno schifo senza
 speranza.
 Il Foglio, 9 febbraio 2009 
 
 
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